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Grande Guerra ‒ Fronte dellʼIsonzo

Archivio di Simon Kovačič

Il 28 giugno 1914, durante una visita a Sarajevo, furono uccisi l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, e la sua consorte Sofia. Un mese più tardi (il 28 luglio 1914), dopo un ultimatum al Regno di Serbia, l’Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia. Nei primi giorni di agosto diversi stati si scambiarono dichiarazioni di guerra, dando inizio alla Prima guerra mondiale. L’Europa divenne un esteso campo di battaglia, diviso in più fronti, in quanto entrarono in guerra due blocchi contrapposti: da una parte gli imperi centrali (Germania, Austria-Ungheria, Bulgaria e Turchia), dall’altra le forze dell’Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia). Nel primo anno di guerra l’Italia, nonostante l’adesione alla Triplice alleanza con Austria-Ungheria e Germania, rimase neutrale. Con la firma del patto di Londra tra Italia e Intesa, l’Italia uscì da questa alleanza e il 23 maggio 1915 dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. Si aprì il fronte sudoccidentale, lungo 600 chilometri, che dal passo dello Stelvio sul triplice confine tra Svizzera, Italia e Austria attraversava l’area montuosa del Trentino e del Veneto (il Trentino apparteneva allora all’Austria-Ungheria), le Alpi Carniche e la valle dell’Isonzo (Soča) fino al mare Adriatico. La sezione, lunga 90 chilometri, che correva lungo il fiume Isonzo dal Rombon all’Adriatico, si chiamava fronte dell’Isonzo. In 29 mesi di combattimenti, dal maggio 1915 all’ottobre 1917, in quest’area si svolsero 12 offensive; 11 da parte degli italiani, l’ultima, la dodicesima, da parte dei soldati dell’Austria-Ungheria e della Germania.

Prima Battaglia dellʼIsonzo (23 giugno–7 luglio 1915)
Seconda Battaglia dellʼIsonzo (18 luglio–3 agosto 1915)
Terza Battaglia dellʼIsonzo (18 ottobre–4 novembre 1915)
Quarta Battaglia dellʼIsonzo (10 novembre–2 dicembre 1915)
Quinta Battaglia dellʼIsonzo (11–16 marzo 1916)
Sesta Battaglia dellʼIsonzo (4–16 agosto 1916)
Settima Battaglia dellʼIsonzo (13–17 settembre 1916)
Ottava Battaglia dellʼIsonzo (9–12 ottobre 1916)
Nona Battaglia dellʼIsonzo (31 ottobre–4 novembre 1916)
Decima Battaglia dellʼIsonzo (12 maggio–5 giugno 1917)
Undicesima Battaglia dellʼIsonzo (17 agosto–12 settembre 1917)
Dodicesima Battaglia dellʼIsonzo (24 ottobre–9 novembre 1917)

Nell’Alta valle dell’Isonzo la linea del fronte, dopo l’incertezza iniziale, si stabilizzò e si passò a una guerra di posizione. Le battaglie si svilupparono in particolar modo nella parte montana. I centri abitati che erano vicini al fronte vennero svuotati. Li occuparono i soldati, gli abitanti invece furono costretti a rifugiarsi altrove come profughi. La linea del fronte tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico correva dalla cima del monte Rombon alla conca di Bovec (Plezzo) e lungo la valle dello Slatenik fino alla catena del Krn (Monte Nero), passando per il Mrzli vrh scendeva poi nella conca di Tolmin. Mengore, Bučenica e Cvetje formavano una barriera sulla riva destra dell’Isonzo. In questo modo gli austro-ungarici difendevano un importante collegamento ferroviario e stradale con le zone interne dell’Impero. Questa zona, larga fino a 2,5 chilometri, è passata alla storia come testa di ponte di Tolmin.
La linea del fronte proseguiva attraverso l’altopiano Banjška planota (Bainsizza), passava accanto a Gorizia/Gorica/Görz e attraverso il Carso giungeva fino al golfo di Trieste.

Archivio dei Musei provinciali di Gorizia

 

Nel corso basso del fiume Isonzo (Soča), dove il paesaggio è meno montuoso che nella parte alta, avvenne la maggioranza delle battaglie dell’Isonzo. L’esercito italiano aveva previsto che lì avrebbe spezzato la difesa nemica più facilmente.
Ma, nonostante questa maggiore, apparente facilità, anche sull’altopiano carsico la guerra si stabilizzò, in particolare tra il giugno 1915 e l’agosto 1916. Gli austro-ungarici organizzarono inizialmente le loro difese su tutti i rilievi strategici, respingendo i numerosi attacchi italiani. La linea del fronte che andava dai monti Sabotino/Sabotin e Calvario/Kalvarija fino ai rilievi attorno a Monfalcone/Tržič, passando per il Monte San Michele/Debela griža e la zona di Doberdò/Doberdob, rimase sostanzialmente immutata fino all’agosto 1916, quando gli italiani riuscirono ad entrare a Gorizia, spostando parte del fronte di qualche chilometro più a est.

Archivio di Mitja Juren

 

Nella primavera ed estate 1917 l’esercito italiano organizzò le offensive più importanti dal punto di vista numerico, con l’intenzione di sfondare definitivamente il fronte, senza però riuscirci.

L’ultimo atto dei combattimenti lungo l’Isonzo avvenne con la Dodicesima Battaglia dellʼIsonzo che iniziò il 24 ottobre 1917, proprio lungo il suo corso superiore. Nella storiografia austro-ungarica la battaglia è nota come “Miracolo di Kobarid”, in quella italiana invece come la famosa “Ritirata/Disfatta di Caporetto”. Ebbe inizio nella conca di Bovec con l’attacco congiunto dell’esercito austro-ungarico e tedesco. Sorpresero la difesa italiana con un bombardamento a gas. Contemporaneamente iniziò l’avanzata dalla direzione di Tolmin verso Kobarid (Caporetto) e il Kolovrat. Alla rottura del fronte dellʼIsonzo seguì l’avanzata verso la pianura friulana fino al fiume Piave, dove il fronte si assestò il 9 novembre 1917. Nonostante alcuni tentativi, tra il 30 ottobre e il 3 novembre 1917, di fermare l’avanzata sul Tagliamento nelle vicinanze di Ragogna e Cornino, quasi metà dell’esercito italiano (1.500.000 soldati) fu costretta a ritirarsi fino al fiume Piave. Durante la ritirata, nelle aree tra le Alpi Giulie, il Tagliamento, la pianura friulana e le Alpi Carniche, si svolsero numerosi combattimenti. Questi furono decisivi nel salvare l’esercito italiano, nonostante le grandi perdite di soldati e materiali.
Più di 200.000 civili abbandonarono le proprie case, unendosi all’esercito in ritirata per fuggire nell’entroterra dell’Italia.

Nel novembre 1917 l’esercito austro-ungarico e tedesco raggiunsero il fiume Piave e il Monte Grappa, dove i combattimenti proseguirono fino alla fine della guerra. Le due offensive lanciate dallʼesercito imperiale (Battaglia dʼArresto nel novembre‒dicembre 1917 e Battaglia del Solstizio nel giugno 1918) non riuscirono a sfondare le linee italiane. Quattro mesi dopo, lʼesercito italiano, con l’aiuto di truppe alleate, riuscì a vincere la battaglia di Vittorio Veneto approfittando anche della crisi ormai irreversibile della monarchia austro-ungarica.
Il 4 novembre 1918 cessarono le ostilità sul fronte italo-austriaco. Pochi giorni dopo, lʼ11 novembre 1918, la Prima guerra mondiale terminò con la capitolazione della Germania.

Archivio di David Erik Pipan

 

La guerra lasciò molte tracce lungo l’Isonzo, in Friuli Venezia Giulia e in Veneto. Monumenti commemorativi, caverne, trincee, fortezze e cimiteri oggi rappresentano un patrimonio storico e culturale. Ammonendoci ricordano il dolore, il sacrificio e la morte di migliaia di ragazzi e uomini appartenenti a tante nazionalità. Allo stesso modo la guerra ha provato duramente anche la popolazione civile, che dalle immediate vicinanze del fronte dovette rifugiarsi altrove. Più tardi coloro che fecero ritorno dovettero confrontarsi con un paesaggio devastato, con le proprie case distrutte e una fame spaventosa.

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